PROLOGO: Chilada, Nuovo Messico

 

Il ragazzo che stava correndo trafelato lungo i corridoi della grande villa che fungeva da base per i Ranger si chiamava Jeremy Earthgreen. Aveva diciotto anni, era studente presso uno dei più illustri college di Nuova Phoenix, aveva una buona media di voti, e soprattutto aveva una fretta maledetta di partire per andare a lezione. Intendiamoci, non che Jeremy adorasse andare a chiudersi fra le pareti dell’istituto dopo il week-end libero, e per tanti come lui il viaggio da casa verso la città era un monotono percorso sotto il duro sole degli stati meridionali..

Ma Jeremy andava di fretta -al punto che per poco non si strozzò con il panino preparato in fretta e furia- perché il ‘mezzo’ che lo aspettava era la cosa più diversa da un’auto o un aereo privato che si potesse immaginare.

 

 

MARVELIT presenta

I RANGERS

Episodio 27 - Il Punto della Situazione

 

 

“Sono il re del mondo! WOOOO-HOOOO!!!”

Con indosso una speciale tuta isolante leggera in fibra di vibranio e un casco per permettergli di respirare, Jeremy Earthgreen, i pugni sollevati a sfidare le nuvole, volava. Per la precisione, volava cavalcando un drago antropomorfo, il muso affilato come quello di uno pterodattilo, dalla pelle verde con striature di una sfumatura arancio, e spuntoni ossei lungo le braccia e le gambe.

“Figliolo, reggiti!” ruggì la creatura, nonostante il ragazzo fosse già fissato alla schiena del mostro con un elaborato gioco di cinghie. Subito il ragazzo avvolse le braccia intorno al collo del suo ‘destriero’. “E ora preparati! Questa ti farà schizzare il cervello!”

Raptor inarcò la schiena, ripiegò le ali e si tuffò in basso! Jeremy sentì il cuore battere come mai gli era successo. Non c’era nulla di paragonabile a quella sensazione, l’esaltazione unita alla sicurezza che qualunque cosa fosse successa, persino in quel frangente sarebbe stato al sicuro…

A una decina di metri dal suolo, Raptor spiegò le ali e riprese il volo orizzontale, schizzando come un missile, abbassandosi al punto da sfiorare il suolo sollevare una spessa scia di polvere dietro di sé.

 

Destreggiandosi fra i palazzi, Raptor giunse finalmente al Phoenix Memorial College. Atterrò agilmente davanti alla scalinata di ingresso dell’edificio più grande, in mezzo ad una folla allibita. Aiutò il ragazzo a liberarsi dell’imbracatura e lo depositò a terra come fosse stato una bambola. “Buon lavoro, Jeremy,” disse la creatura con un vocione che era difficile immaginare venato di tenerezza. Il ragazzo, per l’eccitazione, faticò a togliersi il casco, ma alla fine ci riuscì. Tenendolo in mano, si affrettò ad abbracciare la creatura. “Buon lavoro a te, papà!” Poi si incamminò fra i suoi coetanei come un re, scambiando cinque e pacche sulle spalle.

Jonaton Earthgreen ebbe invece qualche difficoltà ad allontanarsi dalla folla ammirata che gli si era radunata intorno. Facevano a gara per rubare immagini con i cellulari e chiedergli autografi. Da quando si era distinto in quella operazione contro i trafficanti di organi rubati ai nativi ed agli immigrati clandestini[i], ricevendo un riconoscimento dall’FBSA, l’FBI e dalla Governatrice Napolitano in persona, i media avevano decisamente smesso di dargli il tormento… Che cosa strana: come agente di polizia, lui era solo uno dei nativi in quota alle forze dei bianchi, faceva i turni straordinari per portare qualcosa in più alla famiglia e le prospettive di carriera sembravano delle remote chimere. Da quando il suo spirito era stato intrappolato nel corpo di quella antica creatura, le cose erano cambiate in meglio…

“Quanti altri ce ne sono come te?”

Non è un costume?”

“Quanto in alto puoi volare?”

“Sei un mutante?”

“Sei più forte tu o la Cosa?”

Miracolosamente, Raptor, nonostante torreggiasse di un buon metro e mezzo sui suoi fan, riuscì a raggiungere la strada. “Signore e signori, scusatemi ma devo proprio tornare al lavoro! Ci si vede!” spiegò le ali, piegò le gambe e con un salto si involò, dedicando un’ultima vite alla folla sottostante.

Quando fu in quota, fu raggiunto da un altro dei volatori dei Rangers: l’uomo in blu, rosso e oro che rispondeva al nome di Texas Twister, propulso dai venti ciclonici che egli stesso poteva generare. “Bello essere famosi, eh?”

“Puoi dirlo! Non credevo che non mi sarebbe mancato il mio vecchio corpo. Ci sono problemi?” chiese, facendosi improvvisamente cupo.

Drew Daniels scosse decisamente la testa. “No, no! Nessun problema, Jon! Solo… Be’, vogliamo parlarne lì?” indicò con lo sguardo il nuovissimo edificio del Battleground Memorial, che si stagliava con le sue vetrate polarizzate nere come una colonna lapidaria su tutta la città. I due eroi atterrarono sul tetto dell’edificio.

“Allora?” chiese Jonaton ripiegando le ali.

Drew tossicchiò. “Uh, volevo chiederti una cosa: come fai?”

“Come faccio a fare cosa?”

“A tenere insieme la tua famiglia, ad essere un buon marito, un padre… Insomma, fra il lavoro che facciamo, i rischi che corriamo, e…” squadrò la creatura rettiliana dalla testa ai piedi.

Raptor si appoggiò al parapetto. “Non è stato facile, all’inizio. Fortunatamente, abbiamo avuto questi sei mesi di pace per ricostruire da zero la nostra armonia familiare. Jeremy non aveva mai smesso di volermi bene, doveva solo venire a patti con le mie nuove…condizioni. Tabby, beh, lei è sempre stata una donna forte, e fedele. Mi ha perdonato quando le fui infedele, e mi salvò dall’alcolismo durante un periodo davvero brutto.” Poi mostrò una strana espressione da volpone. “Credo che, quanto a rapporto coniugale, abbiamo scoperto delle prospettive molto interessanti.”

Drew sollevò le mani. “Non aggiungere altro!”

“Perché l’interrogatorio, viso pallido?”

In risposta, Texas Twister mise mano ad una tasca del giubbotto. Ne estrasse una scatolina di velluto blu, e la aprì davanti alla creatura, rivelando uno splendido anello d’oro bianco e giallo con due diamanti.

Raptor sobbalzò, poi si sciolse in un’espressione di sfottoria tenerezza. “Sono impegnato, ma grazie lo stesso.”

Drew chiuse e ripose la scatolina. “E’ per Victoria, borsa di coccodrillo ambulante!”

“Non avrei immaginato nessun altra. A giudicare da come gli altri parlano del vostro rapporto, direi che era anche ora. Quindi, volevi un consiglio da un rettile sposato?”

“Da un super sposato. Nella nostra professione ci sono tante coppie, ma sono poche quelle alla Signori Richards. Amo Victoria alla follia, ma ho sempre avuto una paura fottuta di perderla durante un’azione o un attentato da parte di un nemico, o…”

“Se la ami, pensi che perderla farà meno male se non sarete sposati?”

“No.” Drew non ebbe neppure bisogno di rifletterci. La prima volta che credette che la sua donna fosse morta, o peggio, pensò che un pezzo della sua anima fosse venuto a mancare. Era distrutto, ma non si era arreso fino a quando il Dottor Strange non l’aveva aiutato a ritrovarla…

“Allora dichiarati oggi stesso. Abbiamo avuto sei mesi di tranquillità, approfittiamone prima che diventi impossibile organizzare una cerimonia decente. Dove vorresti tenere la cerimonia, a proposito?”

“Matrimonio nella chiesa di famiglia, e festeggiamenti al ranch. Le mie sorelle e mio fratello mi odieranno, ma che io sia dannato se permetto a quel petroliere di fare di nuovo l’elemosina. I Daniels non sguazzeranno nei soldi, ma abbiamo la nostra dignità. E l’uomo di casa non si farà pagare la dote.”

“Non hai mai parlato dei tuoi parenti.”

Texas Twister fece spallucce. “Quattro femmine, due maschi me compreso. Io ero il maggiore, avevo la responsabilità del ranch dopo la morte di papà. Lasciai tutto per darmi all’avventura, dopo essere stato investito da quel tornado radioattivo. Non me l’hanno mai perdonata, nonostante avessi mandato loro la maggior parte dei soldi che riuscissi a racimolare. Magari questa è la volta buona.”

 

Il Blue Pond Inn

 

Questi due giovani avevano ambizioni importanti: militavano nella squadra di football dell’Università di Phoenix, erano rispettati da tutti i loro confratelli e conoscevano la gente giusta per la loro futura carriera fuori dall’università. Erano pezzi grossi, a modo loro, ma in quel momento, mentre rotolavano nella polvere come due sacchi distrattamente gettati a terra, non lo si sarebbe detto.

Adam, un filo di sangue a colargli dalla mascella pesta, fu il primo a cercare di rialzarsi, ma la punta di una staffa in legno piantata contro lo sterno gli suggerì altrimenti.

“Adesso parliamo di nuovo di diritti civili,” disse Red Wolf, torreggiando sul ragazzo. I suoi occhi erano due pozze minacciose sotto il copricapo di pelle di lupo che lo contraddistingueva. “La mia gente ha contribuito attivamente alla ricostruzione della città. I Rangers stessi hanno una degna rappresentanza di ‘musi rossi’ il cui scopo è difendere anche la sicurezza di vermi come voi. Ed è solo per questo che oggi mi limito ad un buffetto: la prossima volta che vengo a sapere che te la stai prendendo con un nativo per questioni razziali, lascio al mio amico il compito di somministrarti la giusta punizione. Chiaro?”

Adam spostò lo sguardo dall’adirato navajo al feroce lupo chino sul suo amico, le zanne snudate a un passo dalla faccia. Una macchia umida si era manifestata sul cavallo. “Tu sei pazzo!” balbettò Adam. “Io ti denuncio, faccio chiudere quella bestiaccia in un can*” terminò con un rantolo, quando la staffa premette più a fondo. Poi, con un gesto fluido, Red Wolf allontanò la sua arma e sollevò il ragazzo per il colletto. A denti stretti gli disse, “Primo: hai picchiato un uomo, senza alcuna provocazione, davanti a testimoni e telecamere. Hai dichiarato il tuo odio razziale a chiare lettere, e l’odio razziale è un crimine. Secondo: come Ranger, ho un’autorizzazione del Governo dell’Arizona a prendere a calci nel culo quelli come te, ma oggi mi sento buono.” Lo lasciò andare, e Adam cadde sul sedere.

Red Wolf si voltò e fece un cenno di saluto al giovane nativo sulla soglia del locale, che ricambiò con il pollice levato. “Andiamo, Lobo.” Si allontanò, il lupo a seguirlo docilmente. Una salva di applausi si levò fra gli spettatori.

Normalmente, Red Wolf non era il tipo da passeggiare tranquillamente in mezzo alla gente. Meno che mai gli piaceva essere fotografato dai turisti –e gli Spiriti lo sapevano quanti ce ne fossero nella Nuova Phoenix, la prima città americana in era moderna ad essere rinata, come l’uccello da cui prendeva il nome, dopo essere stata completamente distrutta.[ii]

Lobo uggiolò. Anche lui preferiva muoversi su un territorio meno popolato, con il favore della notte. Ma era anche vero che Red Wolf non voleva fare l’esibizionista, mettendosi a saltare di palazzo in palazzo quando non ce n’era certo bisogno. Anzi, avrebbe dovuto trovarsi a casa, o nel deserto, ad assaporare quei momenti di pace…

Quando il guerriero ed il lupo ebbero svoltato un angolo, le loro ombre si mossero da sole! Prima che potessero reagire, le ombre si fusero in una, ed essa si sollevò come un corpo solido. Un corpo che l’istante successivo si trasformò in una figura umana nativa, con indosso un manto di piume nere, un ampio perizoma dello stesso colore, ornamenti d’oro su braccia e gambe, e pitture bianche sulla pelle nuda. “Il tuo turbamento è difficile da ignorare, allievo,” disse Corvo Nero.

“La stupidità è raramente appagante per chi vi assiste, maestro,” disse William Talltrees, riprendendo a camminare, affiancato dallo sciamano navajo. “Cosa posso fare per fare capire ai bianchi che non sono superiori a noi più di quanto noi non lo siamo a loro?”

“Potresti cominciare a smettere di pensare a loro come a ‘i bianchi’. Dimmi, quanti in quella folla hanno disapprovato il tuo operato?”

“Ah, nessuno…” Almeno, nessuno che disapprovasse aveva osato alzare la voce.

Corvo Nero annuì. “Come vedi, le cose sono già cambiate.”

“Stai dicendo che la distruzione causata dal Celestiale Nero è stata una cosa giusta?”

“No. Sto dicendo che da quella sofferenza sono nate le piante della speranza e di un nuovo futuro. C’è letteralmente una nuova generazione ad abitare questo luogo. Non alienartela con la tua intolleranza.”

L’insolito terzetto era giunto al Resurrection Park. Si fermarono sotto un albero, e lì si sedettero, la schiena contro la corteccia, come due persone qualunque, con Lobo adagiato sulle gambe di William. Accarezzando la testa del lupo, William disse, “Io? Intollerante?”

“La tua rabbia è grande e ancora malriposta, da quando uccisero il tuo primo compagno.”

Red Wolf si irrigidì. Bengal aveva avuto una pace che non meritava, per avere massacrato il primo Lobo in nome di una inutile faida personale… E lui non si era mai perdonato per quella perdita…

“L’ira non serve. L’ira acceca. La vendetta è uno scopo vuoto. Qui a Phoenix non ci sono ‘visi pallidi’ e ‘pellerossa’: ci sono esseri umani sotto la nostra tutela, qui come ovunque sia richiesta la nostra opera.”

Il guerriero lasciò andare il respiro in una lunga esalazione. “Non ho intenzione di abbandonare il mio ruolo, Corvo Nero. Ma non intendo neppure permettere che si perpetri un sopruso ai danni della nostra gente, non fin quando posso dire la mia.”

 

“È un bello spettacolo, vero?” chiese l’uomo che rispondeva al nome di Jack Ironhoof, dalla sua scrivania. “La Talon Corporation, la Fireheart Enterprises e la REvolution hanno fatto davvero più di quanto ci si potesse aspettare.”

“Temo che questa amministrazione abbia fatto un patto con qualcosa di innominabile,” rispose la creatura felina conosciuta come Puma, ammirando il panorama della città nuova sotto di loro. Sotto quasi tutti gli aspetti, l’architettura precedente era stata rispettata al metro quadro. Per questo spiccavano ulteriormente le nuove strutture intitolate alla memoria della vecchia città. Un visitatore, comunque, sarebbe rimasto sorpreso dal ritrovarsi a camminare per le strade di una città rimasta apparentemente immutata “Anche se le sue ingerenze sono state limitate, Thran è…diverso da ogni essere umano che abbia mai incontrato. Nei suoi movimenti, nella sua voce, c’è qualcosa che sembra trascendere il tempo stesso.”

Jack, da qualche tempo promosso a Capo della Polizia di Phoenix, inarcò un sopracciglio. “Ne parli come se lo temessi. E poi, il contratto che l’amministrazione statale ha stipulato con la sua impresa è solo vantaggioso. È stato studiato e ristudiato da un esercito di legali, dal Dipartimento del Tesoro a Washington e dalla Sicurezza Interna.. Non c’è un cavillo fuori posto. E poi, il vero contributo della Talon si è limitato, se così vogliamo dire, alla realizzazione dell’impianto energetico: combinazione di energia nucleare dal nuovo reattore di Rock Springs e impianti FER.” Jack si versò un sorso d’acqua minerale. “Alla fine, avremmo avuto le stesse cose da altre imprese, ad un costo maggiore e di qualità inferiore. Non dico che Thran sia un benevolo figlio di Manitù, ma meglio avere a che fare con una sola persona che con un’orda di squali.”

Puma grugnì qualcosa di inintelligibile, poi, a voce più alta, “Ci sono notizie sui Devastatori del Deserto?”

Jack scosse la testa. “Non più di quante ne abbiate voi. Le carogne si sono completamente dissolte dopo quell’attacco-lampo[iii].”

“Ci hanno messo alla prova. Sapevano di non potere vincere, non senza il rischio di serie perdite. Ora hanno un’idea di cosa sappiamo fare, e la prossima volta saranno pronti. Le indagini hanno portato a qualche risultato sulle loro identità segrete?”

“Niente di utile, purtroppo. Sappiamo solo quello che sapete voi, e cioè che si tratta di una riedizione di un simile gruppo di supercriminali attivo durante il Vecchio West. Non possiamo neppure risalire ad eventuali connessioni familiari, perché l’ufficio del censimento è stato distrutto. Ma non ci vuole un genio a capire che saranno loro a farsi vivi.”

Puma tornò a fissare il panorama.

 

L’uomo immerso nel suo lavoro alla sua scrivania, in mezzo ad un laboratorio disseminato di terminali e fascicoli cartacei, si chiamava Hamilton Slade. Quando non indossava i panni di Phantom Rider, l’incarnazione spettrale del suo antenato sceriffo, Slade adorava dedicare quanto più tempo possibile al suo lavoro di archeologo.

Gli eventi di qualche mese prima avevano stimolato parecchio la sua curiosità professionale. L’idea che esistessero altri totem come quelli che avevano ospitato l’essenza di Raptor e di Genocyder era…meravigliosa! Certo, apparentemente non c’era molto con cui stupire il mondo, oggi che si sapeva di Atlantide la favolosa, dopo che Marte si era rivelato un pianeta con una civiltà proprio come predisse Schiaparelli (per quando partendo da presupposti errati)…

Ma il mondo dell’archeologia poteva davvero beneficiare della scoperta di una tribù di indiani più vecchia di qualunque insediamento nordamericano conosciuto! Una tribù molto strana, a dire il vero: a parte i due totem finora trovati, neppure la traccia di un accampamento, niente punte di freccia, niente tracce di falò o persino di coproliti. Il sito esplorato dal professor Simon Janson era assolutamente sterile. Possibile che, dopo avere intrappolato quei ‘dragosauri’ nei totem, nessuno fosse rimasto a guardia? Neanche un segno di avvertimento, un riferimento. Eppure, qui non si parlava di spiriti immaginari, di incubi partoriti dalla fantasia, ma di creature reali ed estremamente pericolose…

Hamilton studiò un’altra schermata. Si strofinò gli occhi -avrebbe dovuto seriamente considerare un paio di occhiali, ma proprio non ci si vedeva a fare il Cavaliere Fantasma Biclope! Stai cominciando a dare i numeri, vecchio mio! Dovresti riposare. Ma la mente continuava a vagare sulle incongruenze. Diciamo che l’esistenza di quei mostri fosse stata volutamente dimenticata per evitare che qualche farabutto si facesse prendere dalla tentazione di assaggiare il loro potere. Allora, perché c’era un vecchio che sembrava sapere tutto, un vecchio senza alcun potere sciamanico?

Era una domanda tutt’altro che retorica: Hamilton operava al fianco di super-esseri e di uno sciamano. Non poteva non inserire la magia come fattore determinante e più che reale.

Perché un vecchio era il solo depositario di un sapere che nessuno doveva conoscere? Stando alla testimonianza del professor Janson, la sua curiosità era stata stuzzicata proprio dalle parole del nativo.

Come se fosse stata una provocazione, più che un avvertimento. Quel pensiero fulminò l’archeologo come una doccia gelata. Hamilton, che stava per addormentarsi sulla sedia, si drizzò a sedere. Decise che doveva scoprire qualcosa su quel tipo, sempre che fra il lavoro e l’attività di Ranger ne avesse trovato il tempo…

Già, tempo. Di nuovo, i pensieri tornarono ai tanti nodi irrisolti della sua vita: un paio di fidanzamenti andati a monte, un lavoro che si stava fossilizzando (ha ha!)… Hamilton non era il tipo che credeva che un matrimonio potesse cambiare la vita, ma neppure andare per bar per single poteva riempire la sua vita fino al pensionamento. C’era anche, però, che essere un Ranger gli piaceva, lo faceva davvero sentire vivo!

L’archeologo lanciò un’occhiata all’orologio: era sveglio solo da tredici ore. Poteva permettersi di arrivare almeno all’ora di cena…

 

Un’altra persona abituata a rinunciare al sonno stava in quel momento inginocchiata davanti all’altare di una chiesa. L’intera navata era stata miracolosamente risparmiata dalla distruzione del Celestiale Nero, e le autorità si erano prodigate perché la nuova chiesa venisse ricostruita rispettando ogni mattone del disegno originale. La vera sfida era stata convincere la gente a non ammassarsi, in quei giorni, in una struttura comunque considerata a rischio, ma questa donna in un costume oro e rosso, che i media conoscevano come Firebird, sapeva che nessuno sarebbe rimasto ferito nella navata, che quello era il miglior luogo dove coltivare una fede profondamente scossa dalla distruzione di Phoenix.

“Una notte intera di veglia, e ancora nessun consiglio da nostro Signore?”

Bonita Juarez si alzò in piedi. Sorrise al giovane prete. “Padre Anselmo, queste non sono cose da dirsi.”

Il prete accese un cero. “Dio non scende personalmente dal suo alto regno a parlarci, Bonita. Piuttosto, ci dà la saggezza e la lucidità di trovare da soli le risposte alle nostre domande ed ai nostri tormenti. Ricordi cosa succedeva, nella Bibbia, quando gli ebrei in fuga dall’Egitto continuavano a contare sul Suo aiuto?”

Bonita annuì. Si sedette su una panca, fissando con tristezza il crocefisso in legno su cui erano stati lasciati i segni dei calcinacci, e una crepa lungo il costato. “Quando Phoenix fu distrutta, io non accorsi. I miei amici ed i loro alleati lavorarono da subito notte e giorno per portare soccorso, ed io me ne stavo in un convento.”

Padre Anselmo le si sedette accanto. “Tu e le tue consorelle, Bonita. Era un convento di clausura, isolato dal resto del mondo, senza radio o televisione…”

“Perché Dio non mi ha mandato un segno?” scattò lei, gli occhi lucidi, le mani serrate a pugno. “Mi sembra di impazzire ogni volta che ci penso! Ho perso giorni a…a fare la suorina in un luogo senza alcun visitatore, perché pensavo di possedere un potere troppo grande per potermi muovere liberamente fra la gente normale! Tutte quelle vite che avrei potuto salvare, invece…” scosse la testa. Era un terribile incubo ricorrente che la perseguitava con allucinante regolarità…

Padre Anselmo le mise una mano sulla spalla. “Pensi dunque di non averne salvate? Bonita, se tu non fossi intervenuta al momento giusto, i tuoi amici, e non solo loro, sarebbero caduti preda di un male terribile[iv]. Da allora, insieme a loro, hai salvato altre vite.” Le sorrise, e da quel sorriso lei capì perché una persona così giovane fosse stata messa alla guida di quella chiesa. “Dio ti ha inviato un messaggio preciso nel momento in cui ti ha fatto rincontrare con i Rangers. Medita su questo, figliola.” Si alzò in piedi e le fece il segno della croce. “Io ti perdono e per i tuoi dubbi ti impongo tre Ave Marie e tre turni di straordinari per vegliare sulla nostra città.”

Fosse stata meno educata, Firebird sarebbe scoppiata a ridere di cuore, grata. Invece, alzatasi in piedi, lo ringraziò, fece un breve inchino quasi sottovoce e si allontanò.

Padre Anselmo sospirò: ecco che andava una donna davvero come poche. Il suo potere era un grande mistero, e sinceramente lui sperava che un giorno fosse riuscita a farne un uso diverso dai combattimenti…

“Io ti perdono, padre, perché hai peccato.”

Il prete si voltò di scatto, e quasi scivolò sul pavimento lucido. “Chi è?” il suo sguardo si fissò sul confessionale. Era pallidissimo. Quella voce calma era intrisa di un disprezzo che lo toccò fin nell’anima…

A suo merito, Padre Anselmo non era il tipo da tirarsi indietro. Aveva visto molti più orrori a Battleground, come era chiamata Phoenix durante la ricostruzione, di quanti gliene potesse suggerire un effetto speciale. “Chiunque tu sia, sei nella casa del Signore e queste blasfemie non sono…” parlando, si era avvicinato al confessionale. Aveva tirato via la tendina. E una parte di lui chiese perdono a Dio per non avere immaginato che l’orrore non potesse assumere una forma concreta…

 

Riserva Navajo

 

L’uomo correva, lasciandosi dietro una nuvola di polvere. Correva come nessun uomo normale poteva correre.

E Jason Strongbow non era un uomo normale, infatti: l’esposizione alle radiazioni di una miniera aveva scatenato il suo fattore mutante, trasformandolo in una montagna di agili muscoli. E fin dal suo primo giorno di vita come super-essere, Aquila Americana aveva fatto del suo meglio per quel dono, sia come capo della sua tribù che come super-eroe. Alla fine, unirsi ai Rangers gli era sembrata la cosa più naturale, seppure tardiva…

Ad un certo punto, Jason notò le figure in piedi sul ciglio della strada. Per un uomo normale sarebbero state solo dei puntini, ma lui le riconobbe subito. Corse verso di loro, sperando che non fosse un’emergenza.

 

L’uomo frenò a distanza di sicurezza, per non investire l’autorevole figura che lo attendeva. Aveva appena il respiro accelerato, ma neanche una goccia di sudore. Si avvicinò solenne alla donna, la mano tesa. “Governatrice, sono molto onorato.”

Janet Napolitano, Governatrice dell’Arizona, strinse la mano calorosamente. “Il piacere e l’onore sono miei, capo Strongbow…”

“Solo Jason, Governatrice.”

“Janet. Ad ogni modo, Jason, mi scusi per essermi presentata senza preavviso, ma volevo discutere con lei di qualche particolare relativo al rapporto fra questa amministrazione ed i Rangers. In auto andrebbe meglio?” Indicò la lussuosa berlina con la testa.

 

“Io sono un capotribù, ma non sono il capo dei Rangers, Janet.” Per la decima volta, quasi Jason dovette mordersi la lingua per non chiamarla ‘Governatrice’. “Anzi, posso dire che non abbiamo un capo. Le nostre scelte all’interno del gruppo sono condivise, non imposte.”

“Un modo elegante per dirmi che dovrei convocarvi in assemblea? Va bene anche così, Jason: in realtà, io e il resto del Governo siamo rimasti perplessi di fronte alla vostra comunicazione di rinunciare ai precedenti accordi per diventare rappresentativi delle tribù indiane.”

Jason guardò fuori dal finestrino. “Non è semplice come pensa, Janet. Noi faremo sempre il possibile per proteggere la legge, ma il nostro primo dovere è verso le tribù delle riserve. Abbiamo accettato di lavorare per il Governo dell’Arizona per fare fronte all’emergenza, ma ora dobbiamo occuparci di quelle fasce di popolazione che più hanno bisogno di noi. Senza offesa, Janet.”

La donna annuì. “Immaginavo che questo giorno sarebbe giunto. In fondo eravate già degli spiriti liberi prima di riunirvi in gruppo. Spero solo di rivedervi presto.” Mise mano all’interno della giacca e ne estrasse una busta. “Ad ogni modo, qui c’è la variazione del vostro status: sarete equiparati a un gruppo di consulenti. Vi basterà proporre i vostri servizi sul suolo dell’Arizona, per avere carta bianca. Sarete adeguatamente pagati. Ah, ah,” sollevò un indice ammonitore bonario. “Non faccia quella smorfia, Jason: dei soldi potrete fare quello che vorrete. Potrete anche chiedere una cifra puramente simbolica…”

Jason prese la busta. “Insomma, proprio vi siete affezionati a noi.”

“Lo so che una statua nel Resurrection Park è poca cosa, ma è stato grazie ai vostri sforzi che molte famiglie hanno potuto riabbracciare i loro cari. A Phoenix avrete sempre una casa.”

Una cosa strana, per Jason, era stato il non avere mai considerato che le loro azioni come Rangers potessero avere un simile risvolto. Certe volte aveva letto gli articoli dei giornali che lodavano i Vendicatori ed i Fantastici Quattro, e si era un po’ meravigliato di un simile tripudio di massa. Ora capiva, e la cosa lo metteva un po’ a disagio…

 

Johnny ‘Coyote’ Cash era, in quel momento, fra tutti i Rangers, l’unico ad essere al settimo cielo. “Finito! Ora sì che potremo cambiare vita!”

Dietro di lui, il fantasma olografico del fu Jason Dean, il padre biologico di Victoria Star, era chino ad osservare il monitor da dietro un paio di occhiali quadrati. “Un lavoro impressionante, Coyote. Sono stupefatto che una persona del tuo talento abbia potuto sprecare il suo genio in piccoli crimini, quando avresti potuto trovare un lavoro presso le più importanti aziende tecnologiche.”

Coyote Cash accarezzò il terminale nero, dal design semplice, battezzato ‘Black Talon’. Nonostante il nome orgoglioso, assomigliava più al vecchio Mac-II, con la tastiera integrata. “Vecchio spettro, saresti sorpreso di che miracoli possano fare i pregiudizi. Quando ero un ragazzo, e credevo ancora che il genio fosse al di là delle barriere etniche, presentai domanda per almeno sei brevetti di dispositivi elettronici. Avevo lavorato parecchio per risparmiare i soldi delle pratiche. Indovina che fine hanno fatto?”

“Se mi dai le specifiche dei brevetti, te lo posso fare sapere.”

“Esatto,” continuò il nativo come se neppure avesse sentito. “Puf, volatilizzati, spariti, persi nei meandri della burocrazia! E io, cocciuto, a insistere, sventolando le ricevute come fossero stati bastoni della medicina. E quelli minacciano di farmi arrestare, io sporco muso rosso che crede di essere un genio! Hah! Vorrei proprio vedere le loro facce, ora che*” La faccia gli si gelò di colpo. Aveva un’espressione curiosa, tipo come di uno che ha appena inghiottito un cocomero intero. Si voltò len-ta-men-te verso Jason. “Scusachehaidetto?”

“Se hai conservato le ricevute, posso usarne gli estremi per tentare una ricerca negli archivi elettronici delle maggiori aziende. I miei datori di lavoro dell’AIM mi diedero quello che serviva per hackerare virtualmente qualunque sistema. Sempre che si tratti di invenzioni valide come dici.”

Coyote scattò in piedi e puntò un dito contro la faccia elettronica. Il dito la attraversò. “Ci puoi scommettere, piccolo spirito!” mise mano ad una tasca e ne estrasse un DVD. “Tutto qui. Preparati a sbavare.” Si rimise seduto e infilò il disco nel lettore. Quei brevetti erano da una parte il segno della sua patetica fiducia nel sistema, dall’altra il simbolo del suo valore. Nel bene o nel male, la verità era lì dentro e provava che lui non era un perdente. Aveva solo commesso qualche errorucolo, ecco… “Caricato. Ora vai ad acchiappare, Fido!”

L’ologramma di Dean assunse un’espressione meditabonda. “Sì, notevole. Davvero un genio precoce. Occorrono delle aziende molto specializzate per trasformare questi progetti in realtà. Entro ventiquattro ore dovrei avere delle risposte. Saluta mia figlia per me.” Detto ciò, svanì.

Coyote si fregò le mani. Non poteva credere al colpo di fortuna che aveva avuto! Se la ricerca di quello spettro avrebbe dato i frutti sperati, avrebbe dovuto chiedere aiuto ai legali della Fireheart Enterprises per ingaggiare battaglia con gli squali dei ladri delle sue idee…

Il giovane Hopi pensava solo a come godere la dolcissima vendetta. Lanciò un’occhiata distratta al Black Talon -e cosa se ne faceva, adesso, di un supercalcolatore portatile per analizzare in tempo reale i flussi di borsa mondiali e fare previsioni accurate al minuto, quando ben altri traguardi lo attendevano?

Se avesse saputo in che razza di pasticcio questa caccia avrebbe ficcato lui ed i suoi compagni, Coyote Cash non avrebbe esitato un momento a dire a Jason Dean di disattivarsi all’istante.



[i] Presto su MIT SPOTLIGHT

[ii] Ep. #9

[iii] Ep. #26

[iv] Ep. #14